La minestra d’orzo di mamma non è solo uno dei piatti che lei, da sempre, cucina con cura per scaldare le sere d’inverno di papà e a volte anche le mie.
La minestra d’orzo di mamma è una di quelle esperienze che ti porti in giro nella memoria e nei profumi, che ti fa salire al naso odore di casa, calore di ambienti appannati che rassicurano come un’abitudine, una presenza, una carezza.
La minestra d’orzo di mamma è l’orzet del dialetto trentino, e ieri ho provato a farlo anche io.
Il risultato è stata una mia interpretazione delle sue magie, la firma di un’altra generazione su un piatto che le unisce, che fa voglia di rifugi e baite, panche condivise e risucchi rumorosi dai cucchiai fumanti.
Mi sono immersa nel fare, nei tempi dolci di chi prepara il cibo con e per amore.
Tagliare le verdure a piccoli pezzi, sentir sfrigolare il soffritto che avvolgeva i fornelli nel suo profumo pungente e piccante, sentire la pentola che borbottava per la lentezza di 40 densi minuti, senza fretta, senza urgenze.
E poi riporne la maggior parte in vasetti di vetro da lasciare nel congelatore per i giorni difficili. E qualche mestolata tenerla per la ciotola di coccio e gustarlo così, nel silenzio di un filo d’olio e una nevicata di pepe, e pensare di ritrovarsi insieme dentro un ricordo che sa di noi.
B cucina orzetto alla trentina

Ingredienti

Orzo perlato
Piselli | Fagioli
Carote | Zucchine | Patate
Sedano | Porro | Cipolla | Aglio