Serve proprio fare filosofia in natura?

Il mondo è qui, senza che nessuno lo abbia inseguito.
Franco Arminio
B ombra neve albero bw

C’è una parola nella lingua norvegese: FRILUFTSLIV. Vita all’aria aperta, celebrata in ogni sua declinazione e con ogni tempo meteorologico. Nessun bisogno di locuzioni, ma un solo vocabolo che raccoglie in sé molteplici sfumature per un unico, determinante aspetto della cultura nord europea, nonché per la crescita sana e serena di quelli che saranno gli adulti di domani, quelli che per vivere e districarsi nel dedalo delle relazioni avranno bisogno di potenziare lo sviluppo della “mente estesa”, come l’hanno chiamata per primi A. Clark e D. Chalmers in un articolo scientifico uscito sulla rivista Analysis nel 1998.
Già, la mente estesa. Non è racchiusa solo tra cervello e corpo, ma si distribuisce anche in ciò che la circonda e si avvale per i suoi processi cognitivi di elementi esterni, dalle “estensioni culturali” come il linguaggio o gli artefatti che costituiscono l’ambiente sociale allo stesso ambiente naturale.

Pur avendo in quest’anno di restrizioni esplorato le potenzialità del “ragionare del fuori stando dentro”, ci siamo al contempo resi conto che si impara davvero a stare fuori – e a starci in un determinato modo – solo stando fuori, e si pratica lo “stare dentro”, in particolare “dentro se stessi”, allenandosi a starci.
Educare all’aria aperta, i più piccoli ma anche chi è già adulto, è una questione che dunque chiama in causa un concetto niente affatto banale, per quanto possa apparire semplice.

L’esperienza che facciamo - delle cose, di noi stessi - è legata in maniera profonda all’ambiente in cui la facciamo.
B abete bianco albero aghi

Perché quindi parlare di filosofia – strumento sommo dello stare dentro di sé, accogliendo le domande che emergono dall’interno dell’animo umano e dal mondo con cui esso entra in relazione – all’aperto? Non potremmo semplicemente farlo nelle aule o nelle sale conferenze, come un qualsiasi altro convegno scientifico?
In fondo, riprendendo la citazione in apertura di Franco Arminio, la natura c’è senza doverla inseguire, capire, comprendere, è una presenza costante che non ci chiede di essere vista per esistere.

E infatti quello di “fare filosofia all’aperto” è un bisogno nostro: un bisogno di stare dentro la casa che ci ospita nel senso più ampio del termine, di entrare in contatto con il Pianeta immergendoci in esso in modo letterale, esperienziale.

Per non pochi motivi, anche se qui ne elenco solo alcuni.

B fiore viola primavera hepatica fegatella

Per GENEROSITÀ, un sentimento difficile da coltivare per troppe ragioni, raro eppure potente e destabilizzante, salvifico quando ricevuto e rigenerante quando praticato. E quale contesto è più generoso della natura?

Per GRATITUDINE, perché riconoscere quello che ci viene dato e che abbiamo intorno è un esercizio non scontato, che innesca una dimensione di costante apertura verso il mondo in generale e verso le relazioni che instauriamo. Un sentimento in stretta connessione con la generosità, che ci rende anche parzialmente vulnerabili. Stare fuori vuol dire incontrare costantemente i nostri limiti, non conoscere e non sapere tante cose e doverlo ammettere anche di fronte ad altri.

Per DESIDERIO dunque, di rimanere in una condizione di stimolo e di curiosità, e restare in ricerca e imparare sempre qualcosa di nuovo su noi stessi, sul nostro modo di stare da soli o con gli altri. Non possiamo fare a meno di uscire e di entrare in contatto con ciò che ci circonda.

E per MERAVIGLIA allora. Per rispetto verso qualcosa di grande, misterioso e imperscrutabile, che sta fuori, mi circonda, mi accoglie e a volte perfino mi riflette. E mi impone di porre attenzione alla cura, non pensandola ma agendola, incarnandola. La capacità di meravigliarsi è una competenza e come tale va allenata. Se la trascuriamo perdiamo anche tante possibilità di guarirci, di decomprimere, di stare e far stare bene.

B alyssum montanum fiori gialli muretti a secco

Ma anche per ESERCIZIO. Stare in natura ci costringe a prendere con il corpo posture diverse da quelle a cui siamo abituati. E quelle posture diventano presto anche posture mentali che spostano il baricentro e il senso stesso dell’essere centro.

Per COMFORT. Perché introdurre nuovi orizzonti ambientali allarga i nostri confini mentali, abbassa le presunzioni e aumenta l’allerta alla scoperta, rendendo sempre più ampia quella zona fisica, emotiva e cognitiva in cui ci sentiamo a nostro agio.

E poi per DIVERTIMENTO, parola che porta in sé una radice preziosa, quella della deviazione, della divergenza, del volgersi altrove. Quella che ci concede di non trovarci subito in una condizione estremamente performante, ma che attraverso il gioco sovverte momentaneamente ruoli e certezze e diventa una delle principali risposte formative, che conduce per mano oltre gli schemi noti e in condizione di sicurezza insegna le prospettive del cambiamento, portandoci oltre la rassicurante ricomposizione delle abitudini.

E infine per SFACCIATAGGINE. Perché possiamo riabituarci alla gioia senza misura, alle risate senza controllo, alla bellezza del sudore e della pioggia, alle emozioni che scaturiscono nel presente di un attimo senza preavviso, ma restano poi come patrimonio anima-le del tempo futuro.

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