Parole di Natale

A noi umani piacciono le storie.
Ci piace credere a un vecchio barbuto e ben piazzato, espressione bonaria, vestito rosso e via alla guida di un carro volante trainato da renne.

Salvo poi non esitare a mettere da parte gli anziani con l’urgenza di una sollevata liberazione, emarginare da tante possibilità chi non è in peso forma, deridere gli eccentrici e di quei cervidi fare ragù.

Ci piace credere a un bambino nato da stranieri a speranza del mondo, scaldato in una mangiatoia da bue, asino e fiato di Dio.
Ma poi lasciamo morire nell’indifferenza genitori e figli migranti lungo impermeabili confini di terra e di mare, rinneghiamo il divino che ci alita intorno, releghiamo la condivisione di prossimità con gli animali a retaggio del passato e odore selvatico da lavare via in fretta.

B tronchi neve bosco

Però, a quanto pare, le narrazioni ci servono. A raccontarci i sogni che vorremmo o le vite che poi non siamo in grado di incarnare, a nasconderci paure che non riusciamo ad accogliere, a oscurare verità che vogliamo accuratamente occultare e che per lo più metterebbero a nudo le nostre fragilità.

E allora da secoli e ogni giorno ci raccontiamo storie, storie che a forza di ripetercele diventano le nostre realtà e le nostre verità, sempre troppo potenti di significati e conseguenze.

Eppure, se le parole sono capaci di dare forma al nostro mondo umano, è perché sono necessarie a disegnare le nostre prospettive.

Anche Natale, in fondo, è una storia.

La storia di una promessa che però si fa subito da Verbo a carne. È tangibile in quella nascita, assurda eppure così concreta. 
E di questo il Natale si fa promemoria, che sia per noi religione o meno. Ci ricorda che di chiacchiere, purtroppo anche molto credibili, sono pieno il mondo e intasate le orecchie. Ma di incredibili autentiche presenze… Eh, quelle sono cose per pochi.

Le parole sono destino, ha detto qualcuno.
Per questi giorni di Natale allora sapete cosa ci auguro?
Di "sdestinarci".

Di imparare parole nuove che accompagnino i gesti anziché anticiparli, di scrivere con nuove e coraggiose gentilezze strade impervie e faticose, ma ripiene come i tortellini in brodo della Vigilia. Piene non di belle e vane promesse, ma di azioni concrete grandi e piccole, che quelle parole rendano vive, vere. Parole generative. A cominciare proprio da questa. Natale.

B neve crocus

“Natale è il primo giorno di vita della vita.
È il principio, l’inizio di tutto, l’inizio per tutti.
Natale è l’esordio del cuore.
Primo battito. Inaugurazione della vibrazione.
La danza al suo primo passo.

È un compleanno che si festeggia insieme,
ma ci assolve dalle rughe, non invecchia, risparmia le ossa.
Non si aggiunge nessun numero sulla tabella degli anni,
perché non festeggia la crescita, ma la nascita.

Oggi non è il momento di crescere, è il momento di rinascere.

Natalum viene da natus e alem.
Prende radice dal verbo
nascì, nascere. Alem, invece, indica appartenenza.
Nasci, in sanscrito è g’an, vuol dire generare, produrre,
mentre in Grecia diventa
Gné, radice di genuino.
Ecco cosa c’è dentro questa parola, Natale: appartenere alla nascita e produrre genuinità.

È stato un anno pieno di ferite, di botte forti.
È stato impossibile stavolta nascondere le batoste che abbiamo preso.
Abbiamo dovuto ammettere la nostra fragilità. Il mondo c’ha spinto giù per le scale che conducevano ai nostri obiettivi. Abbiamo rotolato sempre, quest’anno.
Siamo precipitati in tutti i vuoti possibili. Abbiamo conosciuto il buio di persona.
Siamo stati divisi, separati come fogli destinati a compiti diversi e gettati in preda a una materia in cui eravamo impreparati.

Ma siamo ancora qui e non smetteremo di rinascere.

Buon Natale,
nel vero senso della parola.

Rinascete, date vita alle cose che vi fanno battere il cuore,
producete il bene e non allontanatevi dall’amore.
E nascete, nascete sempre non smettete mai di nascere ancora
che tanto c’è sempre bisogno di una nuova vita.”

[Gio Evan]

SUPPORTA
ECO SELVATICA

ECO SELVATICA è un progetto di divulgazione filosofica in natura attraverso articoli, laboratori e riflessioni su letteratura, società, ambiente, cibo, animali, consapevolezza e conoscenza di sé.
Produrre contenuti curati e promuovere attività laboratoriali non è a costo zero.
Hai voglia di contribuire?
Se pensi di poter dare un piccolo contributo … puoi farlo qui.
Grazie! 

2 commenti

  1. Le riflessioni sopra proposte mi fanno ricordare una poesia di Eugenio Montale, frutto delle sue esperienze giovanili nelle Cinque Terre di Liguria: si intitola “Il male di vivere” che credo sia la caratteristica (condanna?) degli spiriti estremamente sensibili, cui le vicende terrene di questi anni difficili non offrono “antibiotici” esistenziali… Il Poeta incontra questa strana, sgradita, e pur compagna inseparabile del viver quotidiano, nei “rivi strozzati”, nelle “foglie accartocciate” oppure nei “cavalli stramazzati”: tutte immagini che ognuno può rimpiazzare con quanto gli sia oggi particolarmente “doloroso”. Può, dunque, il Natale (con tutti i suoi risvolti rituali, graditi o meno) essere il farmaco che ci sani da questo “male di vivere” che non ci permette di godere appieno quanto di bello la vita, il mondo, la natura, possono ancora oggi offrirci? O dobbiamo scivolare, come il Poeta, in quella “divina indifferenza” che a lui sembra essere la “ultima spes”? Ai posteri…
    Buon Natale, comunque e dovunque, a TUTTI!

    • Grazie per questa profonda e sentita condivisione… Quello che mi viene da dire è che i riti, privati o collettivi, sono uno strumento prezioso per elaborare vissuti e onorarne le sfumature. Quindi benvenuto anche il Natale per celebrare (ri)nascite come antidoto all’indifferenza!

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *